martedì 7 agosto 2018

Qualcosa di sinistro sta per accadere

Qualche tempo fa, sul blog del vulcanico MikiMoz, ho letto un suo articolo su una serie tv di paura per ragazzi. Quel post mi ha fatto tornare alla memoria un film, che dovrebbe ricadere appunto in quel genere, e che ho visto da adolescente, diversi anni fa. Il film in sé, a dire il vero, non mi aveva lasciato una grande impressione, ma il titolo esercitava su di me uno strano fascino e mi ricordo che lo scrivevo più e più volte sul diario scolastico.

Qualcosa di sinistro sta per accadere. Non è un titolo che vi fa subito avere un guizzo di improvvisa tensione e curiosità? Per non parlare del titolo originale Something Wicked This Way Comes che ha davvero un ritmo poetico, con questo verbo messo alla fine. E infatti è un pezzo di un verso di Shakespeare che per intero recita:
By the pricking of my thumbs,
Something wicked this way comes
Credo che sia un verso ben conosciuto nel mondo anglosassone. Mi ricordo, infatti, che c'è un giallo di Agatha Christie il cui titolo originale è proprio By the pricking of my thumbs (Sento i pollici che prudono).

La storia del film si svolge in una tranquilla cittadina della provincia americana dove, pochi giorni prima di Halloween, arriva uno strano luna park gestito dal misterioso signor Dark. Due ragazzini, insieme al padre di uno di loro, scoprono che nel luna park è possibile realizzare i propri desideri più profondi, ma ovviamente il prezzo da pagare è altissimo e lo sanno bene i fenomeni viventi che si esibiscono tra i tendoni.

Dopo molti anni, ho deciso di riguardare questo film e mi sa che ho capito il motivo per cui la prima visione non mi aveva lasciato quasi nessun segno. Il film non è brutto ma non si distingue in maniera particolare. Sembra un prodotto che potrebbe interessare forse i ragazzi, ma meno gli adulti. Intendiamoci, stiamo parlando di una produzione Disney, per cui il target è sicuramente giovanile, ma ci sono parecchi film Disney - e non solo - godibili a qualsiasi età. A quanto pare, la Disney voleva realizzare un prodotto un po' più adulto del solito, ovviamente senza esagerare e credo che non si sia trovato un equilibrio soddisfacente tra l'aspetto pauroso e quello "non troppo pauroso". Il finale, poi, un po' confuso e buttato lì, poteva anche essere un po' meno infantile.

Intendiamoci, non sto scartando il film in toto, c'è una certa cura nella realizzazione e nel tentativo di creare un'atmosfera inquietante, e qualche scena potrebbe certamente spaventare o impressionare un pubblico giovane, come ad esempio un personaggio che si trasforma in scheletro, o una ghigliottina che taglia qualcosa e poi nel cesto si vede la testa (finta) di uno dei protagonisti, oppure anche la sequenza con l'assalto delle tarantole. Ricordiamoci anche che stiamo parlando di un film del 1982 e gli effetti speciali non sono disprezzabili.

E al di là dell'aspetto puramente legato alla paura, ci sono alcune inquadrature degne di nota:

Molto suggestive diverse immagini di uno dei protagonisti mentre si trova
all'interno di un "infernale" labirinto di specchi.

Momenti di tensione nella biblioteca dove sta arrivando il signor Dark

Arriva la Strega della Polvere (interpretata - udite, udite - da Pam Grier),
personaggio purtroppo ben poco sfruttato

Eppure non sono rimasta proprio soddisfatta, perché? Perché non riuscivo a scollarmi di dosso la sensazione del tv movie per ragazzi, o anche solo del tv movie, dove tutto tende a essere annacquato, un po' troppo piatto e lineare. Una storia così particolare meritava un'operazione filmica un po' meno convenzionale.

Nel cast troviamo il bravo e convincente Jason Robards nei panni dell'anziano padre che si cruccia perché si ritiene troppo vecchio per dedicarsi adeguatamente a suo figlio e desidererebbe, quindi, ringiovanire.
Invece, non ho trovato molto in parte il pur bravo Jonathan Pryce nel ruolo del Signor Dark. Troppo poco inquietante e con un espressione vagamente bonaria. Va bene che il diavolo, oltre a fare paura, deve essere tentatore e fintamente rassicurante, però il signor Dark del film mi sembra uno con cui andare a fare un doppio di tennis, il sabato pomeriggio.

Va bene sabato alle quattro?

Il film è tratto dal romanzo che per titolo italiano ha Il popolo dell'autunno, di Ray Bradbury. Potevo io quindi esimermi dal leggerlo? Ovviamente non potevo e volevo proprio vedere se questa storia mi poteva dare quel qualcosa in più che nel film non avevo trovato.

Innanzitutto: qual sorpresa nel leggere la prosa di Bradbury! Non avevo mai letto niente di suo, avevo solo visto il film di Truffaut tratto dal suo Fahrenheit 451 e non mi immaginavo una scrittura così poetica, piena di descrizioni inventive e capaci di grande evocazione. Ne dò qualche esempio:

"La paura era un abito nuovo fatto di elettricità"
"I peli sulle tue braccia cantano come zampe di cavallette che si strofinano e tremolano in una musica sconosciuta."
"La paura e la gioia erano come un agitarsi di biglie mescolate dentro la sua bocca"
"La risata che camminava tra gli scaffali come zampe di pantera"
"...minacciavano di soffiarlo via, trasformato in polvere di scheletro e cenere di falena."
" ...il vecchio Jim corre nel chiaro di luna e danza con i rospi."
"...carri numerosi e numerati, pieni di sogno, addormentati e pesanti che seguivano la locomotiva scintillante di lucciole, il suo ruggito assonnato di caminetto autunnale"

Devo confessare che sono un po' insofferente quando gli scrittori usano le similitudini; soprattutto nella scrittura moderna, molte di esse mi sembrano superflue e messe lì nel tentativo di elevare lo scritto e dargli una patina di "alta letteratura". Alcuni autori paiono soffrire se non spargono similitudini a larga mano, ogni poche frasi. Ovviamente ci sono scrittori che sanno usare le similitudini con criterio o che riescono a servirsene per evocare immagini potenti e inconsuete. Bradbury mi pare uno di questi e in generale la sua prosa ha una potenza e un entusiasmo quasi infantile, una ricchezza immaginifica straordinaria. La sua scrittura è adulta, ma ha una vividezza e una forza piena di quell'emotività tipica dell'infanzia, quando di solito gli entusiasmi sono meno smorzati.

Bradbury era appassionato di poesia e studiava molto gli altri scrittori. Nell'intervista a Paris Review dice a proposito dell'autrice Eudora Welty: "...ti descriveva una donna che entra in una stanza e si guarda intorno e contemporaneamente riusciva a farti vedere la stanza e darti l'idea di come era il personaggio e di come si muoveva. E tutto in venti parole. Quali aggettivi usava? Quali verbi? Come li sceglieva e li accostava?". Devo dire che apprezzo molto questo approccio, questo atteggiamento di chi si mette a studiare perché non parte con l'idea di sapere già tutto.

Parlando de Il popolo dell'autunno, non direi che è un romanzo (specificatamente) per ragazzi, quindi il target è diverso rispetto a quello del film. Il modo in cui la storia è narrata mi è sembrato quasi onirico, come quando in un sogno non tutti i pezzi si incasellano perfettamente, ma le emozioni che si provano mentre si sta sognando sono comunque molto vivide. Secondo me, una rappresentazione cinematografica del romanzo dovrebbe lavorare moltissimo sull'aspetto visivo, cercando di non rimanere troppo aderente alla realtà e alla verosimiglianza.

Nel romanzo c'è un discreto spazio dedicato al personaggio della Strega della Polvere, descritta come avente "occhi cuciti da ragnatele tessute da vedove nere", "orecchie coperte di muschio", "bocca dalle gengive scorticate" e "dita da scorpione". A un certo punto della storia, questa Strega viaggia sulla cittadina a bordo di un pallone e con mani fluttuanti cerca di individuare dove si trovino i ragazzini. Una scena del genere - e non è l'unica - è davvero qualcosa di surreale e onirico e credo che anche la trasposizione cinematografica di questo libro dovrebbe portare con sé una certa dose di surrealtà. (E possibilmente senza usare CGI tutto il tempo, che la CGI usata alla cavolo più che stupire, mi fa assopire.) E visto che ho citato la Strega, dico anche che farla interpretare alla bella Pam Grier mi fa un po' alzare il sopracciglio.

Il messaggio finale del romanzo è l'accettazione di sé e della realtà delle cose. Non vengono criticati i desideri in genere, ma solo quelli che impediscono di vivere in maniera soddisfacente. Se si passa la vita a macerarsi bramando cose impossibili, non si riesce ad apprezzare nulla e si vive in uno stato di perenne rimpianto e delusione. L'accettazione viene espressa nel finale tramite il sorriso e la risata, ma nel film questo aspetto è reso in modo un po' affrettato e non del tutto comprensibile, almeno così penso io.

Bene, per ora è tutto e mi raccomando, la parola d'ordine è: ACCETTAZIONE


"Marce', me la porta al policlinico, all'accettazione, va bene?"