Invece niente, man mano che procedevo nella visione, mi sono accorta che mi sarei potuta rispondere come il becchino di Bianco, rosso e Verdone: "Qui c'è poco da ridere". Ma oltre a non ridere, avvertivo un progressivo senso di fastidio e nervosismo.
Consideriamo innanzitutto il personaggio di Ilenia Pastorelli, la solita coatta esagerata col cuore d'oro: ma ancora dovrebbe far ridere un personaggio del genere? Dopo che ne abbiamo visti a bizzeffe? Lo stesso Verdone ha già proposto Ivano & Jessica e i similari Moreno & Enza, per dire.
Ma poi quello della Pastorelli è un personaggio assurdo, inverosimile, che pare non avere percezione di dove si trovi.
Dovrebbe far ridere il fatto che si presenti vestita da discoteca a chiedere lavoro nel negozio di articoli religiosi gestito da Verdone?
Dovrebbe far ridere che, mentre cerca di farsi dare un lavoro, dica che proprio in quel momento le sono venute le sue cose e che mandi Verdone in farmacia a prenderle gli assorbenti con le ali?
Dovrebbe far ridere che accompagni Verdone in un palazzo ecclesiastico e si faccia cento selfie con una guardia svizzera? Una cosa del genere la faceva Mr Bean venticinque anni fa con una guardia della regina. E faceva decisamente più ridere.
Verdone stesso ha fatto personaggi assurdi nella sua carriera, ma erano più originali e in ogni caso più divertenti. Lei sembra che stia lì soprattutto per aumentare la quota sexy del film.
Uno potrebbe obiettare dicendo che Verdone cerchi di fare film che non siano solo da ridere e che cerchi invece di andare un po' più a fondo nella psicologia dei suoi personaggi mostrandone i lati problematici o malinconici. Vabbè, io rispondo che questo lo faceva anche all'inizio, nei film puramente comici. I personaggi di Verdone sono tutti in qualche modo disagiati, a partire dal solitario Enzo-no-Renzo che chiama tutti i numeri della sua rubrica telefonica alla ricerca di qualcuno che lo accompagni a Cracovia, al timido Sergio di Borotalco, dal gruppo di personaggi disastrati del bel Compagni di scuola, all'ansioso e ipocondriaco protagonista di Maledetto il giorno che ti ho incontrato (lasciato dalla compagna proprio come nel film oggetto di questo post), o all'incasinato personaggio de Il mio miglior nemico. Forse solo i personaggi alla Furio e Raniero non sembrano passarsela male.
Quindi si può far ridere e al contempo rappresentare le miserie dei personaggi. Una cosa non esclude l'altra.
Comunque, non è che bisogna obbligatoriamente far ridere. Si può tranquillamente fare un film senza dover calcare il pedale della commedia, basta però deciderlo prima. Qui siamo di fronte a un film che avrebbe l'intento di far anche ridere ma che secondo me non ci riesce. E il risultato è che ti smonta come una barzelletta fiacca.
C'è poi la strizzata d'occhio al moderno, al contemporaneo. Cos'è oggi il contemporaneo? Gli smartphone e le app, ovviamente. E cosa c'è di più moderno e contemporaneo che usare un'app di appuntamenti per conoscere una persona con cui passare una piacevole seratina o con cui sperare in qualcosa di più serio?
Naturalmente questo spunto viene utilizzato soltanto per inscenare tre sketch uno peggio dell'altro. Nel primo Verdone passa la serata con una sguaiatona dal forte accento regionale, amante dell'alcol e desiderosa di passare all'azione. Una macchietta imbarazzante più che divertente.
Il secondo sketch vede Verdone rompersi le palle durante una serata passata con una super ipocondriaca, interpretata da una sprecata Minaccioni, che gli racconta per filo e per segno le sue peripezie sanitarie. E se Verdone non ne può più, non ne potevo più manco io. Noioso.
Il terzo sketch è il più pietoso di tutti e degno del più becero cinema italico (e non solo). Verdone va a cena con un'altra sessuomane che gli prende il telefono - uno smartphone grande come una piastrella - e se lo inserisce proprio lì, avete capito dove. Naturalmente arriva una chiamata, il telefono si incastra e a Verdone tocca pure sostenere la conversazione telefonica in una posizione imbarazzante. A parte la poca credibilità della cosa, ma la tristezza! Verdone dice che in quella scena hanno riso anche persone particolarmente bigotte, ma qui non è questione di bigottismo, ma di umorismo che è di grana no grossa. Grossissima proprio. Forse sono delusa perché apprezzo Verdone e da lui mi aspetto un livello minimo di default.
Verdone dice che è sempre più difficile far ridere la gente. Va bene, io ci credo, ma non so se la situazione si risolve proponendo personaggi caricaturali e situazioni troppo assurde e già viste. Se proprio vuole utilizzare anche il macchiettistico, che lo faccia lui e non si affidi ad altri interpreti.

Fatto sta che al termine della visione non ero soddisfatta.
Mi sono intrattenuta più piacevolmente qualche sera dopo, quando ho visto 3 fusti, 2 bambole...e 1 tesoro, dove in realtà l'unico fusto è Elvis nei panni di uomo rana, che tra una canzone e l'altra disinnesca mine giapponesi con una chiave inglese.
Volevo vedere se togliendosi la muta da sub, gli si sarebbe scompigliata la lucida chioma. Purtroppo non si vede mai il momento della svestizione, ma sono certa che sarebbe stato impeccabile, un po' come James Bond quando si toglie la muta da sub e sotto ha lo smoking perfettamente inamidato.
E poi, momento di grande cinema: Elvis che, sotto la guida della maestra Elsa Lanchester, si cimenta nello yoga e canta:
"How can I even move, twistin' like a pretzel
You tell me just how I can take this yoga serious
When all it ever gives to me is a pain in my posteriors"
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Elvis durante una sessione di yoga insieme a un gruppo di quelli che vengono definiti beatnik |
Mi basta poco per mettermi di buon umore e questi filmetti anni '60 di solito ci riescono. Non so come sono arrivata a Elvis, ma forse Verdone mi ha lanciato un messaggio subliminale:
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Uno se tiene un mattone sullo stomaco, che pesa. Però arriva un momento in cui dice:"ABBASTA" Io sono il figlio naturale di Elvis Presley! |