venerdì 24 novembre 2017

Senza via di scampo, tra grandi orologi ed enormi ingranaggi

Tra i miei libri preferiti c'è Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop di Fannie Flagg. L'ho letto e riletto chissapiù quante volte. Perché mi piace così tanto?

Una delle ragioni consiste in come l'autrice è riuscita a descrivere l'ambientazione in cui si svolge parte della trama. Più che "ambientazione", direi che la Flagg ha proprio riportato alla vita un mondo, quello del profondo sud americano degli anni '30 e '40, come se fosse qualcosa di davvero tangibile e percepibile.

Come ha fatto? La storia si divide in parecchi capitoletti e in ciascuno di essi la narrazione si concentra su uno dei vari personaggi. A volte, questi personaggi sono solo marginalmente collegati alla storia principale e quello che di loro viene narrato non è sempre rilevante ai fini della storia. Ed è proprio questo che li rende, secondo me, così autentici. Essi non sono delle figure mono o bidimensionali che esistono soltanto per portare avanti la trama principale, ma sono bensì dei personaggi, anzi, delle persone a tutto tondo, con la loro vita, con i problemi che per loro sono davvero importanti, indipendentemente da quello che la linea narrativa principale ci racconta. Essi escono dal libro, smettono di diventare fittizi, e insieme danno vita a un mondo concreto e vero.

Una narrazione che preveda il punto di vista di diversi personaggi (non necessariamente tramite l'utilizzo della prima persona), può quindi donare maggior spessore alla storia e alla sua ambientazione.

Kenneth Fearing, scrittore americano della prima metà del secolo scorso, era "fissato" con l'utilizzo dei molteplici punti di vista. Ha scritto otto romanzi e in tutti quanti ha utilizzato questa tecnica.

Per la verità, la cosa non gli è sempre riuscita tanto bene. Nell'ultimo romanzo, The Crozart Story, ha portato la faccenda a degli estremi tali che, anziché creare un unicum mettendo insieme molte tessere, ha sfilacciato tutto in brandelli flebilmente collegati tra loro. Forse troppe voci narranti slegate tra loro nello spazio e nel tempo.

Il suo romanzo più famoso è L'enorme ingranaggio (del 1946), sorta di giallo/poliziesco ambientato nel mondo dell'editoria.

Il protagonista, George Stroud, giornalista/investigatore per una rivista specializzata in crimini, diventa l'amante dell'amante del grande capo della casa editrice, Mr Janoth.

Dopo una nottata di amoreggiamenti e un pomeriggio passato a sbevazzare in giro per i locali di Manhattan, George accompagna l'amante a casa. I due si danno quattro bacetti ma lei si avvia da sola verso l'uscio di casa - meglio non far sparlare troppo i vicini facendosi vedere in compagnia di un uomo, ché già è sconveniente farsi vedere a rincasare con un borsone, indice di nottata passata fuori.

Inaspettatamente, sulla scena appare Janoth. I due uomini si vedono, ma l'illuminazione è tale da non consentire a Janoth di riconoscere George, ma di intravvederne soltanto la sagoma. Janoth e la donna entrano in casa, ma la gelosia di lui scatena una lite in cui entrambi si rinfacciano i rispettivi amanti e preferenze omosessuali. La situazione precipita e Janoth, in un'accesso d'ira, uccide la donna.

Il potente editore vorrebbe andare a costituirsi ma qui entra in scena il suo diabolico segretario nonché braccio destro. Costui dissuade Janoth dal suo intento, dopodiché cancella le tracce sulla scena del delitto, costruisce alibi e soprattutto dà il via a una caccia all'uomo, a quell'unico uomo di cui si sa quali locali ha frequentato insieme alla donna prima dell'omicidio e che potrebbe testimoniare di aver visto Janoth sulla scena del delitto. E a chi affida l'incarico di svolgere le indagini? Ovviamente a George che si ritrova quindi a indagare su se stesso, senza badare a spese e impiegando gran parte del personale del giornale. George si trova preso in una morsa: da una parte rischia di venire ucciso da Janoth, se venisse identificato come l'uomo misterioso, mentre dall'altra egli teme che sua moglie - sì, George è pure sposato - scopra il suo tradimento e lo mandi a quel paese portandosi via la figlia.

Anche Chaplin se ne intendeva di ingranaggi
Secondo me, una storia del genere è davvero potente. A X Factor direbbero "questa storia spacca". Quando ho letto il libro la prima volta sono però rimasta un po' delusa e ho pensato che le potenzialità della trama non fossero state sviluppate appieno.

Per prima cosa, c'è nella vicenda qualche dettaglio che non mi torna del tutto: perché il protagonista, se poi ha tanta paura che la moglie lo scopra, va con l'amante proprio nei locali che abitualmente frequenta e dove lo conoscono? E poi, in questi locali lo conoscono così tanto da sapere che anni prima gestiva un locale con la moglie, ma nessuno, proprio nessuno, sa come si chiama e dove lavora? Non so, a me sembra un po' strano e in base a come il protagonista si era comportato, l'investigazione sarebbe dovuta durare giusto un paio d'ore. E invece dura giorni e per giunta si conclude in maniera fortunosa.

Ma a parte questo, la cosa che mi infastidiva era proprio quella dei molteplici narratori che, proprio nei momenti in cui la tensione dovrebbe aumentare e tu dovresti leggere rosicchiandoti le unghie per la suspense, si mettono a raccontare cose di infima importanza per la storia principale. Perché, nella parte finale del libro, un investigatore impiega quattro pagine a dire cose di poco conto per poi finalmente buttar lì, quasi per caso, una cosa importante? E non è l'unico esempio in cui questo avviene.

L'impressione è che Fearing fosse poco interessato all'aspetto tensivo della vicenda e preferisse piuttosto indugiare su altre cose. Ci sono diverse pagine che parlano della struttura della casa editrice, di un possibile progetto di cui si sta vagliando la realizzazione, delle preoccupazioni dell'editore a proposito di una fusione ecc. Insomma, sembra quasi che l'azione principale sia un contorno.

Per scrivere questo articolo ho deciso di rileggere il libro una seconda volta e, proprio per il fatto di sapere già la trama, ho potuto apprezzare tutte quelle cose che mi avevano infastidito e che invece mi sono accorta che danno spessore al romanzo e ai suoi personaggi. Ecco che il capitolo dell'investigatore che parla di cose ininfluenti acquista un nuovo significato. Me lo immagino questo ometto, costretto a stare alla centrale di polizia a raccogliere notizie, quando invece vorrebbe lavorare a un suo progetto editoriale ed è inoltre preoccupato che ci sia stata una fuoriuscita di informazioni a proposito di questo progetto. Questo investigatore è ignaro che il protagonista si trova in una situazione disperata e quindi è giustamente preoccupato per gli affari suoi.
Tutto il romanzo, alla seconda lettura, ha acquistato una nuova luce.

Quindi usare più narratori e approfondire aspetti non fondamentali per la vicenda è un po' risqué quando si tratta di storie thriller, bisogna bilanciare bene gli ingredienti altrimenti si rischia di disorientare il lettore/spettatore. Altri generi di storie invece richiedono in questo senso minore attenzione.

Nel 1948 è uscito un film, Il tempo si è fermato, che ripropone in maniera abbastanza fedele la storia del romanzo. C'è qualche adattamento moraleggiante: il protagonista, anziché essere un donnaiolo che ha persino un hotel d'elezione dove portare le amanti, è un marito irreprensibile che giammai si sognerebbe di avere una tresca extra-coniugale. È vero che trascura la famiglia a causa del troppo lavoro, ma non esita a farsi licenziare pur di portare moglie e figlio in vacanza. Inutile dire che è stato eliminato qualsiasi riferimento omosessuale nel litigio tra Janoth e l'amante.

Il film dà una aggiustata alla plausibilità di certi punti della trama e toglie gli elementi che potrebbero smorzare la tensione e ha quindi le caratteristiche che un prodotto del genere dovrebbe avere.

Nel film c'è una costante presenza di orologi, simbolo di un sistema inarrestabile, un enorme ingranaggio che non si ferma di fronte a niente e di cui tutti sono delle rotelle interscambiabili.

Un film decisamente ben fatto, con il grande Charles Laughton nei panni del "ciccione" Janoth, una dozzinale imitazione di Napoleone, come lo chiama la sua amante subito prima di venire uccisa.

Alla fine degli anni '80, viene girato un altro adattamento del romanzo di Kenneth Fearing: Senza via di scampo, con Kevin Costner e il grande Gene Hackman. Stavolta le differenze rispetto al romanzo sono un po' più marcate, ma sono mantenuti i punti salienti e distintivi della storia.

Non siamo più in una casa editrice ma nei corridoi del Pentagono. Costner interpreta un capitano della marina che inizia una relazione con l'amante (Sean Young) del Segretario della Difesa (Hackman). Tutto si svolge come da copione solo che, per fortuna, l'indagine che Costner deve compiere su se stesso è più impegnativa perché ci sono poche tracce che portano a lui.

L'indizio che potrebbe inchiodarlo è rappresentato da una Polaroid che la sua amante gli aveva scattato e che è stata rinvenuta sulla scena del delitto. L'immagine è praticamente inintellegibile ma grazie ai supercomputer del Pentagono e a un sistema sperimentale di elaborazione delle immagini, in poche ore sarà possibile riuscire a capire che l'uomo nella foto è Costner. Quindi egli è in corsa contro il tempo per trovare il modo di uscire dalla melma in cui si trova invischiato...

Ah, i vecchi tempi in cui si usava i floppy 3M.
By the way, bravo George Dzundza nei panni
del capo del settore informatico
Trovo che il film sia davvero ben fatto e recitato in maniera molto credibile anche dagli attori che interpretano i personaggi secondari. Inoltre la love story tra Costner e la Young è appassionante e si rimane un po' male quando il di lei personaggio viene ucciso, dopo ben 45 minuti di film.

Ci sono delle ingenuità, tipo dei testimoni che vengono convocati al Pentagono e per coincidenza si imbattono in Costner, come se il Pentagono fosse un ufficio dove lavorano giusto 20 persone (comunque la cosa è una citazione del romanzo). Purtroppo il finale ha uno stupidissimo colpo di scena che vabbè, in fondo non rovina neanche il film, sembra una cosa posticcia attaccata in un secondo momento. E poi, al limite, a tre minuti dalla fine si può sempre dire:"Ops, mi si è spento lo schermo!" ZZZAP!


14 commenti:

  1. Wao!
    Alllora, partiamo dal film perché solo il film ho visto: Pomodori verdi fritti.
    Ma ovviamente anche Senza via di scampo, e non sapevo del romanzo (riadattamento, anzi).
    Guarda, questo modo di scrivere deve piacere e basta.
    In un certo senso si può essere di fronte a quelle opere che apprezzi solo in un secondo momento, quando metabolizzi il tutto e capisci che l'autore ama indagare risvolti umani (e non solo) piuttosto che la vicenda in sé.

    Moz-

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  2. Sì questo autore predilige di più i risvolti umani, in effetti, il che va anche bene ma in questo caso mi dispiaceva che il ritmo di questa trama originale venisse un po' ammosciato da questi risvolti. Menomale che han fatto i film che non perdono il ritmo così uno se li può guardare e poi leggersi il libro apprrezzando gli altri aspetti.
    PS sei incappato nel post pseudo serio. :) Hai fatto il gioco del calderone nel post precedente?

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    1. No, purtroppo periodo burrascoso, appena passato. Corro a vedere!

      Moz-

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  3. Prima di tutto complimenti per il post, poi vado con ordine.
    Da ragazzo andai al cinema a vedere "Pomodori verdi fritti" giusto per il cast, invece adorai la trama: non tanto da leggere il romanzo, ma l'adorai. Che bei tempi, in cui si potevano fare piccoli film con attori non divi ma bravissimi...
    Anni prima io e la mia famiglia eravamo "topi di videoteca" e per puro caso prendemmo un film dal titolo "Senza via di scampo", semplicemente perché qualsiasi ruolo di Gene Hackman era ben gradito in casa. Rimanemmo inchiodati davanti alla TV fino all'ultmo fotogramma: sarà la nostalgia a parlare, ma a me piacque anche il finale ^_^
    Ignoravo tutto ciò che riguardasse il soggetto finché non iniziai a curare la guida tv per ThrillerMagazine, in cui cito sempre i romanzi da cui sono tratti i film. Scoprii il romanzo - che non ho mai avuto il coraggio di leggere, proprio per la paura che non fosse all'altezza del thriller che ricordavo - e scoprii il film col grande Milland, che mi sono subito visto. Sicuramente datato e non posso dire mi abbia preso, ma lo stesso i grandi attori fanno il loro dovere. Però preferisco ancora la tensione di quel computer rozzo che riporta in vita lentamente la polaroid, con un giovane e talentuoso Costner non ancora imbolsito dalla celebrità. (Sono stato uno dei suoi primi fan italiani, prima della sua caduta.)
    Non ricordo bene la storia d'amore con la tipa, ma ricordo che era il periodo in cui Sean Young assomigliava ad un'attrice: immagine ingannatrice che poi ha subito tolto di mezzo, dimostrando di essere una replicante :-D Faceva ottimi film ma sempre con la stessa espressione: sono più che sicuro che Sean sia come oggi è Ryan Gosling, attori costruiti in laboratorio con un numero limitatissmo di espressioni che però vengono inseriti in ottimi film e sembrano bravi. ma questa è un'altra storia...
    La tecnica della "distrazione" è molto comune nei thriller, dove l'autore cerca di tenere il lettore in sospeso caricando e scaricando al tensione, però - come giustamente dici - bisogna essere bravi perché è un attimo che sbagli ritmo e perdi l'attenzione. Confesso che più d'una volta quando mi sono trovato a leggere un thriller... ho saltato pagine intere, con descrizioni inutili, per non perdere il ritmo :-P

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    1. Ciao Lucius, grazie per il bel post.
      Anche a me il film dei Pomodori era molto piaciuto, tanto che sull'onda comprai il CD della colonna sonora e il libro (e mi ricordo che io e mio padre eravamo andati in bici al cinema). Sì, era un periodo in cui anche le ricostruzioni d'epoca mi sembravano più credibili. Non so se è questione di nostalgia, ma i film di oggi, pur così perfetti nelle ricostruzioni e costumi (o forse proprio perché così perfetti) mi sanno spesso di fasullo. Comunque il libro mi aveva dato un qualcosa in più, un senso nostalgico di mondo/comunità che scompare, senza trascurare di parlare anche degli aspetti negativi.
      Sono molto contenta che ti piace "Senza via di scampo", ogni volta che riesco, lo guardo, mi piace molto. Ho l'impressione che sia sottovalutato, che ne pensi? In generale, non mi sembra uno di quei film di cui si parla tanto e invece è fatto e recitato benissimo (Gene lo adoro) e sì: il suo intreccio, con la faccenda della polaroid riportata alla vita, lo trovo più convincente di quello della storia originaria. Poi dà proprio il senso del tempo che stringe.
      Sean Young mi pare si dicesse che la sua carriera era stata ostacolata e io in effetti non l'ho mai ben inquadrata come attrice, ma mi sembra che ce n'è un bel po' di attori che funzionano nei film ma in definitiva rifanno continuamente lo stesso personaggio.
      A proposito, ti piace sul serio il finale del film? Non mi ha mica mai convinto, non mi sembrava ce ne fosse bisogno.

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    2. Nella prima riga volevo scrivere "grazie per il bel commento".

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    3. Guarda, se ci penso a mente fredda magari non è un colpone di scena funzionale - anche perché immagino sia assente nel romanzo - però data l'epoca e dato il film... o data la nostalgia di quanto m'è piaciuto, ci sono lo stesso affezionato a quel finale :-P
      Sean Young era una normale attrice della sua epoca, ma oggettivamente era monoespressiva e non aveva alcuna particolarità: l'unico suo ruolo memorabile infatti è quello della replicante.
      Io la seguivo, ricordo "A letto con l'assassino", un thriller talmente sballato in cui malgrado il titolo non c'era manco l'assassino, e qualcosa d'altro, ma non durò molto. Però fece in tempo a fare la parodia di Sharon Stone in un film-parodia di cui ora mi sfugge il titolo ma che conservo ancora in un vecchio DVD. Un film geniale con Armand Assante che deve indagare in mezzo a parodie di thriller di quel periodo.
      Ecco, ti lascio pensare a Sean Young che rifà Sharon Stone: capisci che è un gioco in cui nessuno vince :-D

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    4. No, in effetti non c'era nel romanzo quella faccenda. Io invece su Google maps, di recente, mi ero persa via a guardare Washington dall'alto come la si vede all'inizio del film ed ero arrivata fino alla casa dell'interrogatorio scoprendo che l'han buttata giù e ora ce n'è un'altra, se non sbaglio.

      Per il film con Assante, ho testè usato la funzione di imdb si cui si parlava ieri (accorgendomi che era advanced e poi collaboration e non advanced name, come avevo scritto - e sì che ero andata a guardare) e ho scoperto che il film era Fatal Instinct, con tagline "Opening soon", proprio in riferimento alla Sharon-scene!
      Hahah, ho riso anche per il film con l'assassino in cui con l'assassino non c'è! Geniale, ti credo che poi uno non scopre chi è!

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    5. Sììì Fatal Instinct! Guarda, è scemo perché è scemo, ma ho riso da morire per tutto il film :-D Se ti ricordi fino ad almeno metà dei '90 le donne fatali al cinema entravano sempre con musica di sassofono: nel film c'è un tizio col sassofono che segue la protagonista per sottolineare le varie scene :-D Basta, me lo devo rivedere per presentarlo nel blog ^_^
      Ah, e sfogliando la filmografia di Sean a sorpresa trovo "Un bacio prima di morire" con Matt Dillon, che ho visto all'epoca e mai più ma ricordo molto bello. Cioè, molto bello per un ragazzo che l'ha visto all'epoca della sua uscita: oggi magari è inguardabile...

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    6. E io leggerò la presentazione e poi guarderò il film. Ma chissenefrega se è scemo, se si ride vuol dire che va bene. Per esempio io vado pazza per il film scemo "Quattro pazzi in libertà", per dire.
      Quello con Matt Dillon me lo ricordo e non me lo ricordo, un vago ricordo perso nella pioggia...

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  4. Quanti ricordi, "Quattro pazzi in libertà", che periodo, con Buster Poindexter che cantava il tema e un quartetto di attori in grande spolvero. So che non è da "giovani" dirlo, ma... film così non ne fanno più ^_^

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    1. Mi sorprendo anche io sempre più spesso a usare la frase non da giovani :) Mi sa che è una fase a cui arrivano tutti. Forse anche il nostro amico Steven S. dice cose del tipo: una volta, quando ero più in forma, allora sì che si facevano dei bei film...

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    2. Tempo fa per il mio blog "Non Quel Marlowe" ho fatto un ciclo di post dedicati ai "nostalgici del libro", dimostrando che da 2.500 anni ogni volta che cambia il formato librario si alzano voci a dire che prima era meglio. Per il cinema, come per qualsiasi altra cosa, temo valga lo stesso discorso: le mode cambiano e ci sarà sempre un precedente periodo in cui sì che si facevano bene i film :-P
      Sono un appassionato di Borges e lui ha scritto diverse recensioni di film, amando molto il cinema. Solo che lui l'amava da ragazzo, quando ci vedeva bene, così per lui l'epoca in cui si facevano i film buoni è quella del muto! (Probabilmente non ha neanche mai visto un film a colori)
      Insomma, per noi il cinema anni '80-'90 ha una marcia in più ma all'epoca i critici sulle riviste si lamentavano che non si facevano più i bei film di una volta: non se ne esce mai :-P

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    3. Ecco, infatti, mi pare di aver letto una cosa del genere, tempo fa. Era stato rinvenuto uno scritto dell'antico Egitto dove c'era scritto qualcosa del tipo:"i giovani d'oggi non hanno più rispetto per gli anziani".
      Povero Borges, sarebbe inorridito con un film a colori!

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