venerdì 23 febbraio 2018

Il buio oltre la siepe (pullula di volatili)

Finito il carnevale, siamo adesso in Quaresima per cui vi beccate il post "serio".

Una donna, soprannominata Scout, narra le vicende avvenute durante tre anni della sua infanzia trascorsa negli anni '30 in una cittadina dell'Alabama, dove viveva con il fratello e il padre avvocato (Gregory Peck).
Dal suo racconto emerge uno spaccato della vita dell'epoca e del luogo, con i suoi personaggi, le attività e i modi di pensare.

Scout, il fratello e un amichetto passavano le estati inventandosi ogni sorta di gioco, ma la cosa che più li affascinava era la casa in cui abitava il misterioso Boo Radley. Nessuno vedeva mai questo Boo Radley e su di lui giravano ogni sorta di leggende; si diceva, infatti, che il padre lo tenesse incatenato al letto di giorno e gli consentisse di uscire fuori soltanto di notte, a grattare sulle porte dei vicini.

Si diceva che Boo avesse una cicatrice lunga su tutta la faccia, i denti gialli e bacati, gli occhi di fuori come i rospi, una voce non umana e che adorasse mangiare scoiattoli e gatti crudi.

I tre bambini erano spaventati e al contempo attirati da questo misterioso personaggio. Avevano paura di passare davanti a casa sua, ma al contempo si sfidavano in gare di coraggio per stabilire chi fosse abbastanza temerario da addentrarsi nel giardino di Boo Radley e magari toccare la porta di casa sua.

Gioco estivo con pneumatico: il frullacervello

Il personaggio di Boo aleggia come un fantasma per tutta la storia, ma l'evento che ha segnato maggiormente quei tre anni d'infanzia è stato il processo a un uomo di colore accusato di aver violentato una donna bianca. Il padre di Scout si era occupato di difendere l'imputato e questo fatto aveva scatenato le ire e maldicenze di diverse persone che non si facevano molti scrupoli ad apostrofare l'avvocato come negrofilo ("nigger lover") e a far pesare la cosa a lui e ai figli. Certo che anche 'sti neri, pretendono anche di avere un bravo avvocato, di questo passo dove andremo a finire, signora mia?

Riuscirà l'avvocato a convincere la giuria che esiste ben più di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza del suo imputato e riuscirà quindi a farlo scagionare? Solo gli spettatori o i lettori del libro potranno saperlo.

L'avvocato e il giudice, di sera in veranda, si lamentano che fa caldo.
Se oltre alla camicia, gilè e giacca si mettessero anche il cappotto
avrebbero certamente meno caldo.

Non si pensi che il film sia del genere avvocatesco. Il processo in sé non occupa molto spazio e ne occupa ancor meno nel libro, in proporzione al resto.

Il significato di tale processo è però importante ed è uno dei diversi elementi della storia che stanno a indicare che, purtroppo, per molte persone non è importante la verità, o perlomeno la ricerca di essa, ma l'idea che esse hanno della verità. È importante stabilire se un uomo di colore ha o meno violentato una donna bianca? Secondo molti non è importante, l'importante è che l'imputato sia nero e si sa che i neri non possono essere lasciati vicino alle donne bianche perché le violenteranno sicuramente.

Un personaggio tenta di fuggire di prigione e i commenti sono:"tipico di un negro scappare, non pensare al futuro."

Nel libro, la maestra presumibilmente ebrea di Scout dapprima condanna aspramente il genocidio compiuto da Hitler, dicendo che in America, contrariamente che in Germania, nessuno viene perseguitato. Poi però, a proposito del processo e dei neri, Scout la sente dire: "è ora che qualcuno dia loro una lezione, hanno alzato troppo la cresta e un po' alla volta si mettono in testa di poterci anche sposare". La maestra probabilmente è bipolare, o forse soffre della sindrome di Gollum.

I razzismi e le discriminazioni trovano terreno fertile nell'ignoranza, nella cattiveria, nella paura, ma anche nella pigrizia che porta spesso a facili generalizzazioni. È molto semplice dare un giudizio su qualcosa o qualcuno in base a idee preconcette, spesso sbagliate.

Di questo tizio non c'è da fidarsi perché è nero. 
Oppure perchè ha i capelli lunghi.
Oppure perché non ha la giacca e cravatta.
Non va in chiesa la domenica.
Oppure non va nella chiesa che dico io, la domenica. 
Boo Radley non esce mai di casa, non invita nessuno, è certamente un mostro. E poi non va in chiesa la domenica.

Quante volte vi è capitato di sentire affermazioni del genere? Credo parecchie.
E invece bisogna sempre sforzarsi di andare oltre le generalizzazioni e valutare singolarmente le persone e le situazioni. (Che poi, ci sono situazioni in cui possiamo anche fare a meno di dare i nostri giudizi, il mondo se ne farà una ragione.)

Credo che questo post stia diventando un tantino retorico, però mi pare che dagli anni '30 in qua le cose non siano tanto migliorate visto che, all'alba del 2018, c'è chi invoca il ripristino dei metodi nazisti.

Comunque, anche senza arrivare a livelli così assurdi, credo che tutti quanti, talvolta, diamo giudizi basati su pre-giudizi e preconcetti. Oppure ci capita di dare troppo o troppo poco credito a qualche affermazione solo perché la persona che la fa ci è troppo o troppo poco simpatica.
Ho sentito più di una volta persone buone, che non farebbero del male al loro peggior nemico, esprimere opinioni basate su considerazioni davvero superficiali, che non scalfiscono neanche la crosta. Per cui, prima di dare giudizi su qualcuno, non sarebbe male mettersi nei panni di quel qualcuno, come consiglia l'avvocato del film. (E sia chiaro che mi ci metto anche io in questo discorso.)

Ecco, non sono così tanto ottimista da condividere in toto il pensiero che "quasi tutti sono simpatici quando si arriva a capirli", comunque qualche sforzo val la pena di farlo.

Non ci sono più i medici di una volta: il fratello di Scout, in seguito a un certo evento,
riporta un braccio rotto. Il medico condotto lo visita e gli fa pure il gesso sul momento!

Il film fa una buona trasposizione del libro; ovviamente opera dei tagli ma le cose più significative sono riportate fedelmente. (Interessante, nel libro, una critica a una certa riforma scolastica in atto in quel periodo. A quanto mi è sembrato di capire, i bambini non dovevano imparare a leggere partendo dalle singole lettere, gli venivano bensì presentati dei cartelli con le parole intere e da quelli avrebbero dovuto imparare. Il metodo non pareva riscuotere grande successo.) Bravi gli attori, c'è pure un giovanissimo e irriconoscibile Robert Duvall nel brevissimo (e un po' inquietante) ruolo di Boo Radley.

Una scena mi è piaciuta poco perché irrealistica e cioè quando una masnada di uomini va alla prigione con l'intento di linciare l'imputato che si trova al suo interno. L'avvocato, sulla porta, cerca di mandare via questi uomini, ma essi non sentono ragioni. Solo quando arrivano i figli dell'avvocato e Scout fa un discorsetto a uno di loro, questi se ne vanno con la coda tra le gambe. Ecco, ho trovato questa scena un po' troppo forzata. È comunque presente anche nel libro.

I titoli di testa mi hanno particolarmente colpito: mentre passano le scritte, scorrono immagini molto ravvicinate di oggetti come biglie, colori, orologi, matite. Una cosa credo insolita per l'epoca e invece ben più consueta nei film a partire dalla fine degli anni '90 in poi.

Domanda (leggasi didascalia della foto seguente):

Ma se, camminando per strada, trovaste in un albero cavo delle
statuine che vi rappresentano, come reagireste?

E magari vi chiedete: ma perché hai messo un titolo del genere a questo post?
Beh, perché, come sicuramente sapete, il titolo originale del film è To Kill a Mockingbird e questo famigerato uccello mockingbird viene tradotto nei più vari modi: tordo, usignolo, merlo.
Non solo, l'avvocato si chiama Atticus Finch e finch vuol dire fringuello. Ecco spiegato il titolo del post.

Avvocato Fringuello, mi ha convinto!
In quanto giudice di questo Kuk-tribunale, dichiaro questo film: BELLO!
L'udienza è tolta!


sabato 10 febbraio 2018

... continua

"I GOT YOU BABE"

"Vale anche per te, Cher!
SMETTILA SUBITO CON QUESTA CANZONE"
Ih! ih! ih!

Ce l'avete la sensazione di loop temporale?
Non temete, arriveranno post più seri.
(Una volta questo blog era "serio", poi ha preso una deriva bislacca.)

venerdì 9 febbraio 2018

Immaginarie richieste musicali

Suonala ancora, Sam

NON suonarla ancora, Sonny

Questo post giunge un po' in ritardo rispetto al giorno della marmotta, comunque la marmotta ha predetto ancora sei settimane d'inverno. Sappiatevi regolare.

mercoledì 7 febbraio 2018

Genius (ma non era anche una trasmissione di Mike Bongiorno?)

Credo che questo post non sarà molto popolare, ma ehi, non sono qua per cercare consensi e se qualcuno la pensa diversamente se ne può discutere.

Ogni tanto emergo dalle sabbie del tempo e anche io guardo film che hanno meno di cinquant'anni.

Genius parla del rapporto lavorativo/amicale tra lo scrittore Thomas Wolfe e il suo editore Max Perkins.

Ecco, la mia impressione è che film del genere rappresentino in maniera molto patinata e finta personaggi realmente esistiti che nella vita reale probabilmente erano molto più interessanti.

Tutto è eccessivamente drammatico e filmico, ogni frase sembra debba essere scolpita nella pietra, a imperitura memoria.

Personaggi femminili inutili il cui unico ruolo è quello di lamentarsi perché trascurate dai loro uomini. Tipico cliché trito e ritrito.

Jude Law recita in maniera a mio avviso esagerata, ma si sa che un genio, pardon, un genius deve mostrare in maniera evidente il suo essere sopra le righe, sennò lo spettatore non capisce che quello è un genius.

Poi, lo ammetto, ho un problema con Colin Firth. Non ho niente in contrario alla recitazione minimale, anzi, ma a me lui ricorda un moai, con la stessa espressione in qualsiasi situazione. Colin, non te la prendere, hai pure vinto l'Oscar, chettefrega se non mi emozioni. È certamente un problema mio, perché Colin Firth piace a tutti. Mi sta pure simpatico, ma che devo fare?

Nel film, il personaggio di Perkins porta sempre il cappello. Sempre. Sia che lavori, mangi o si riposi. Sono andata a cercare informazioni in merito e pare che il vero Perkins avesse proprio quest'abitudine, nonostante nessuna delle foto che si trovano su Google lo ritraggano col cappello. Nel film non mi pare si dica niente in merito, ma in un libro che parla di Perkins, l'autore dà delle ipotesi che potrebbero spiegare la costante presenza del fedora. Una potrebbe essere che il cappello dava l'impressione che Perkins fosse sul punto di uscire dall'ufficio, per cui se arrivava qualche visitatore inaspettato, la conversazione non sarebbe andata tanto per le lunghe. Un'altra ipotesi è che il cappello spingeva le orecchie di Perkins in avanti consentendogli di sentire meglio!

Magari, se nel film si fossero dette queste cose, forse il personaggio sarebbe risultato più reale e tangibile, ma mi rendo conto che aneddoti del genere, evidentemente, non sono sufficientemente aulici.

L'unica cosa per me interessante del film è la rappresentazione del ruolo dell'editor nella correzione di un romanzo e che magari potrebbe far riflettere certi scrittori (nonché scrittrici) un po' boriosi che ritengono perfetta e intoccabile ogni parola che gli cade sul foglio.

Ho terminato l'invettiva.

venerdì 2 febbraio 2018

Operazioni chirurgiche anni '60

Avete presente quel quiz stile ProntoRaffaella dove c'è la foto di un volto artificiosamente creato prendendo gli elementi da diverse persone e bisogna indovinare di chi è ciascun elemento? Ad esempio: si combina insieme un occhio di Grillo e l'altro di Bersani, si piazza il naso di Brunetta e la bocca di Renzi e si incornicia il tutto con i capelli di Silvio.

A volte, quando vedo certe persone reduci da una o più sessioni dal chirurgo estetico, mi viene proprio in mente questo gioco.
Perché certi personaggi si fanno fare bocche troppo grandi e le accostano a nasi troppo piccoli?
Perché qualcuno desidera avere zigomi enormi come panettoni?
Perché gli occhi appaiono spesso o troppo piccoli o troppo grandi?
In sintesi: perché manca il senso della proporzione e queste persone non capiscono che la bellezza di un volto non consiste nell'accostamento quasi casuale di elementi che non stanno bene uno vicino all'altro?

Ecco, se per caso volevate vedere
il leviatano frankensteiniano
sopra descritto. Forse però
non lo volevate davvero vedere.

Forse qualche pensiero simile ce l' aveva anche Saul Bass, quando nel 1966 ha realizzato i titoli di testa del film Operazione diabolica. Contrariamente alla maggior parte dei titoli di cui si è occupato, questi non hanno le sue illustrazioni ma mostrano delle inquadrature ravvicinate e distorte di parti di un volto umano. L'idea di Bass era quella di scomporre gli elementi di un volto, distorcerli e ricombinarli nuovamente allo scopo di preparare lo spettatore alla storia del film.

E di cosa parla questa storia? Parla di un uomo di 60 anni, sposato e con un ottimo impiego, ma insoddisfatto della sua vita. E il peggio è che non sa neanche lui esattamente qual è il motivo della sua insoddisfazione. Un giorno, l'uomo inizia a ricevere delle incalzanti telefonate da parte di un amico che riteneva morto. Questo amico lo convince a recarsi presso gli uffici di una misteriosa organizzazione che sarà in grado di cambiargli la vita.

L'uomo ci va e quelli dell'organizzazione gli cambiano la vita davvero in tutti i sensi. Questi misteriosi individui si occupano infatti di dare ai propri clienti delle nuove identità; si vantano di dare loro una nuova vita più soddisfacente, una seconda opportunità, una vera e propria rinascita.

L'uomo viene convinto, ma in realtà anche costretto, a sottoporsi a un intervento chirurgico in seguito al quale si risveglierà con l'aspetto di un giovane trentenne con la faccia di Rock Hudson. Gli viene dato un nuovo nome, una casa in riva al mare con tanto di maggiordomo e studio per poter dipingere. Per quanto riguarda la sua vecchia identità, verrà inscenata una morte.

L'uomo però ben presto si accorgerà che questa nuova vita, apparentemente così perfetta, senza responsabilità, senza il peso della vecchiaia incombente e senza la costrizione di un lavoro poco creativo, non è davvero quello che lui desidera e chiede a quelli dell'organizzazione di cambiare di nuovo identità, questa volta facendo le cose a modo suo. Ma quelli dell'organizzazione non sono tanto d'accordo...

Alcune immagini dei titoli

Il film è incentrato sul "solito" discorso dell'individuo che a un certo punto della sua esistenza si rende conto che le cose che fa o che ha non sono davvero quelle che voleva fare o avere. Ho messo "solito" tra virgolette per intendere che l'argomento non è certo nuovo ma non per questo è un argomento banale. Anzi se già i filosofi dei millenni scorsi ce la battevano col 'conoscere se stessi' e noi siamo ancora qua che non lo abbiamo ben capito, è meglio se continuiamo a parlare dell'argomento. Repetita iuvant, forse.

Comunque, cinquant'anni dopo che è stato fatto questo film, siamo ancora qui col mito del sempre giovani, sempre belli e tirati e dove non arriva la chirurgia ci pensano i filtri Instagram.

A proposito, lo sapevate che la chirurgia estetica è vecchia di millenni e veniva usata per ricostruire parti del corpo danneggiate da ferite, malattie o punizioni giudiziarie? È solo a cavallo fra l'800 e il '900 che questo tipo di chirurgia ha iniziato a essere utilizzato per alterare la fisionomia a scopi puramente estetici. Molti inoltre cercavano di modificare quei tratti somatici che maggiormente indicavano la loro appartenenza a una certa etnia.

Negli anni '60 poi c'è stato il boom e mi pare che la tendenza sia in crescita. Anzi, forse adesso la cosa è così comune che non ci si fa tante domande in merito, ma nei decenni scorsi il tema dell'alterazione corporea mi sembra fosse abbastanza sentito.

Ho intitolato il post "Operazioni chirurgiche anni '60" perché oltre a questo film vorrei citare anche due episodi del mai abbastanza lodato telefilm "Ai confini della realtà".

Nr 12 looks just like you
Uno è intitolato Il numero 12 ti assomiglia e parla di come le persone, in un ipotetico futuro, vengono indotte a sottoporsi a un'operazione chirurgica in seguito alla quale diventeranno uguali a un modello scelto in un "catalogo". Naturalmente questo significa che moltissime persone saranno identiche tra loro. L'operazione uniformerà anche il modo di pensare delle persone che vi sottopongono.

L'altro episodio è il famosissimo È bello quel che piace dove una giovane donna dall'aspetto fuori dal comune si fa operare ben 12 volte per tentare di essere simile agli altri.

E si evince bene l'annosa questione: essere se stessi (ammesso di sapere come si è) o essere come gli altri? L'uomo medio desidera uniformarsi alla massa, avere l'aspetto giusto, possedere e fare le cose giuste perché essere diversi è più difficile, è una lotta psicologica (ma anche pratica) continua.

Eppure anche il continuo uniformarsi costa fatica ed è fonte di nevrosi. Inoltre, l'uomo medio segretamente ambisce a distinguersi e a essere ammirato e passa la vita cercando di far parte della massa ma al contempo di elevarsi appena appena al di sopra di essa.

Ho accomunato il film (con i bravissimi John Randolph e Rock Hudson nei ruoli pre e post operatorio) con i due episodi di Twilight Zone perché condividono i temi e quell'estetica simile, tipica di quel periodo, dove il futuro veniva visto come qualcosa di ordinato, essenziale, asettico e angosciante. Il modo di raccontare le storie è privo di distrazioni, va direttamente all'essenza di quello che si vuole esprimere. Le carte sono in tavola ma danno molto da pensare allo spettatore.

Inoltre i finali sono a sorpresa.

A questo punto, chi sono questi 5 famosissimi attori?

La versione attoriale non è tanto meglio di quella politica